IL CASTELLUM DE PRATA E LE RELIQUIE DI SANT'ILARIONE

HOME PAGE DI PRATA

Capitolo II  - I monaci di orgine italo-greca di Prata


ATTENDERE, CARICAMENTO DELL'IMAMGINE IN CORSO

Clicca sull'immagine per accedere alla mappa interattiva


   S. Ilarione di Prata (Casoli - CH) • Con certezza, possiamo affermare che il Santo dimorò per un periodo di tempo nel Monastero di S. Martino in Canale, prima di intraprendere il lungo viaggio che lo condusse alle pendici orientali della Majella in quel di Prata. Dopo alcuni anni dalla fondazione del Monastero di Prata, l'anziano Archimandrita Ilarione morì ed il Santo corpo riposa molto probabilmente, tuttora nel Feudo di Prata; in una nota op. cit., il Canonico C. Falcocchio nel 1847 scrive: << ... si vuole che il corpo di S. Ilarione Abb. giaccia ancora ignoto in Prata >>. Infatti la sua salma, non fu mai traslata dal Monastero 

      

SANT'ILARIONE

Sant'Ilarione di Prata

Apri pagina

e le ricerche del suo corpo, a più di mille anni dalla sua morte, non sono mai state effettuate. 

   Si auspica che con questo lavoro, la sua Figura di Santo, venga restituita alla memoria Storica e Religiosa ed all'affetto delle comunità Basiliane sparse nel mondo, in Europa ed in Italia e che abbiano inizio accurate indagini sul territorio per recuperare ed individuare le sue preziose Reliquie. 

SAN NICOLA GRECO

San Nicola Greco

Apri pagina

   S. Nicola Greco (patrono di Guardiagrele - CH) • Dopo la scomparsa della loro "Guida" Sant'Ilarione, la comunità di monaci, visse per un periodo di tempo rinunciando volutamente, nello spirito comunitario e fraterno che li legava, alla nomina di un nuovo "Padre". Poi i monaci, ispirati dallo Spirito Santo, misero ognuno la propria tazza di legno nella riva del fiume Aventino e a colui, al cui desco, fosse entrato un pesciolino, sarebbe divenuto il nuovo Archimandrita,  ciò capitò al Beato Nicola Greco. 

    Lo studioso P. Francesco Russo in "Bibliotheca Sanctorum"

(Grottaferrata 1967) fa una  descrizione  abbastanza accurata del monaco calabro-greco : << ... vissuto nel sec. X, fu uno dei ventinove monaci di Canale (Cosenza) che, verso la fine del secolo, abbandonarono la valle del Crati, divenuta meta delle incursioni dei Saraceni e, sotto la guida dell'Abate S. Ilarione, raggiunsero gli Abruzzi, andò a Roma per il rituale pellegrinaggio alla tomba degli Apostoli. Alla morte di S. Ilarione, fu eletto abate del suo monastero: ricusò per umiltà, ma dovette piegarsi per intervento soprannaturale. Visse in grande austerità di vita, secondo la prassi del monachesimo calabro-greco coevo. Morì centenario il 13 genn. del 1000 o poco dopo, e fu sepolto nella chiesa del Monastero di Prata. 

Per le sue virtù e per i miracoli compiuti in vita e dopo la morte fu proclamato Santo e venerato dal popolo. La sua festa si celebra il 9 ag. 

Il sette ag. del 1338 il suo corpo fu trasferito nella chiesa di S. Francesco dei Minori Conventuali di Guardiagrele, che lo proclamò suo padrone. Il vescovo di Bognorea del 1343 e quello di Valva e Sulmona, il 20 ot. del 1400 concessero quaranta giorni d'indulgenza ai fedeli che avessero visitato il suo sepolcro.

Nella detta chiesa esiste ancora il sontuoso sarcofago rinascimentale in porfido fatto costruire da Napoleone Orsini. Tuttavia il corpo di N. si conserva in un'urna di cristallo dietro l'altare maggiore. In una cappella a parte sono raccolti tutti gli ex voto, attestazioni di riconoscenza per le grazie da lui ricevute. 

Ai piedi dell'urna si legge la seguente iscrizione: "O proles Calabriae, splendor septem siderum, novum guardiagrelis decus, nobile depositum, fer, o jubar gratiae Christi, ut breve veniae tempus non inane defluat". 

L'appellativo di "Greco" indica la sua appartenenza alla Calabria, che in quel tempo era sotto la dominazione bizantina o, forse meglio, la sua appartenenza all'istituto monastico greco.>>

  S. Orante (patrono di Ortucchio - AQ) • Prima dell'anno mille, parte dei monaci della comunità del monastero di Prata, volle intraprendere un pellegrinaggio di devozione verso i Santi Apostoli nella città di Roma. Durante questo viaggio, quando giunsero nei pressi del lago di Fucino, il Beato Orante fu colto da gravi febbri e nei pressi di Ortucchio, impossibilitato a proseguire, si ritirò nell'antica Chiesa di S. Maria in Ortucia o Ortuchis, edificata su avanzi di mura megalitiche verso la fine dell'ottavo secolo (ricordata col titolo di S. Maria, già in una Bolla di Papa Pasquale II , 25 febb. 1115). Quest'accadimento, fece nascere una leggenda; egli dimorava nella detta chiesa di S. Maria riposando sulla nuda terra 

      

SAN ORANTE

San Orante

Apri pagina

e viveva di elemosina, un giorno, arso dalla febbre, raggiunse a stento la Chiesa di cui trovò chiuse le porte, allora s'inginocchiò per pregare e così fu raggiunto dalla morte. Le campane delle chiese incominciarono a suonare a distesa e il mattino del 5 mar. 1431 si vide che i sarmenti avevano messo foglie e grappoli d'uva. Il corpo fu sepolto nella stessa chiesa che d'allora si chiamò di San Orante. 

    Verso la metà del secolo scorso, la magnifica e preziosa urna che conteneva le reliquie del santo, fu rubata dalla chiesa di S. Orante, i malfattori si sono poi disfatti delle reliquie gettandole in in aperta campagna. Alcuni contadini accortisi dell'accaduto le recuperarono ed ora sono state ricollocate sotto l'altare della citata Chiesa, dove si legge su una lapide la data della sua morte posticipata di oltre quattro secoli, rispetto all'epoca in cui visse insieme a S. Nicola Greco e agli altri compagni monaci italo-greci giunti in Abruzzo  tra il X e XI scolo. E' sorprendente la coincidenza delle date di morte attribuite ai Santi Franco e Orante, è molto verosimile, che nel caso di S. Orante sia accaduto come a Francavilla al Mare per S. Franco, dove fu omologata per lungo tempo la data relativa alla sua traslazione (7 mag. 1431) avvenuta sotto il pontificato di Martino V, con quella della sua morte, successivamente corretta. 

    

SAN FALCO

San Falco

Apri pagina

   S. Falco (protettore di Palena - CH) • vissuto tra l'inizio del X secolo e il primo decennio del secolo XI nel Monastero basiliano di S. Maria di di Péseca, nei pressi dell'odierna Taverna (Catanzaro). Come abbiamo già ricordato nell'opera op. cit. di E. Paratore : << ... deve esser corretto l'errore di molti scrittori, compreso l'Ughelli, che nel parlare anche brevemente del santo, ne pongono la morte nel sec. XV, sotto il pontificato di Eugenio IV,>> - continua E. Paratore - << Il 2 Luglio 1893 la 

Sagra Congregazione dei Riti confermò il culto del Santo come  anteriore ad Urbano VIII; suo fondamentale miracolo è considerato la liberazione di 52 energumeni nella terra di Gioia avvenuta a Palena il 2 Genanio 1730 ( cf. F. Verlengia Nota del folklore abruzzese del secolo XVIII, Rivista abruzzese, 1914). E' festeggiato il 9 Agosto; mentre notizie sul suo culto sono abbondanti e certe, quelle sula sua vita, oltre che scarse, sono leggendarie. >> Nella sua bibliografia, E. Paratore, nel citare l'opera del Canonico C. Falcocchio, op. cit.  tiene a precisare : << ma quasi nulla vi si trova della vita del Santo, bensì solo del suo culto >>

   Appare comunque limpida, la sua figura di monaco italo-greco del X secolo, poiché è stato menzionato in molti  testi storici (vedi G. Marafioti, F. Ferrario, V. Ciarlanti, M. Febonio, C. Corsignani, ecc.) insieme agli altri compagni basiliani vissuti nello stesso periodo nella terra d'Abruzzo.

   Quando anch'egli divenne maturo e anziano, decise di ritirarsi intorno all'anno mille, in una contrada di Palena, presso un luogo denominato "la villetta di Sant'Egidio" (ora distrutta) dimorando da Eremita. Per i molti miracoli operati, acquisì la fama di santità. Nell'anno 1383 il corpo di S. Falco, fu traslato  nella Chiesa Matrice di S. Antonino, evento documentato nel 1385 con una bolla del Vescovo di Sulmona D. Bartolomeo De Sanctis, sotto il pontificato di Urbano VI. Il giorno 3 Novembre 1706 alle ore 15.30 si è registrato il più terribile terremoto del millennio, pari all'XI grado della scala Mercalli,  che ebbe per epicentro il massiccio della Majella e rase al suolo paesi limitrofi come Taranta, Lettopalena, Lama dei Peligni, distruggendo in buona parte Fara S. Martino, Casoli, Civitella M. R. ecc. . Palena subì spaventose distruzioni, Secondo M. Como, nel libro "Palena nel corso del tempo" (Sulmona 1977): << restarono in piedi pochi gruppi di abitazioni fuori le vecchie mura; il Castello Ducale e le abitazioni della vecchia Valle, poste tra Porta S. Antonino e lungo la gradinata fino all'odierno municipio, tutte le chiese del paese crollarono o subirono gravissimi danni. Si salvò soltanto il Santuario della Madonna dell'Altare. Anche la sopraccitata chiesa, che custodiva il Corpo del Santo crollò, e così narra di quella triste giornata Don Domenico Isacco nel suo manoscritto "Palena" : " ... questo particolar protettore di Palena, miracolosamente restò pendoloni, che per ogni altra ragione avrebbe avuto da precipitare, di tal maniera che con grandissimo pericolo portarono li cittadini animati solo da zelo, e dall'affetto delle Sante Reliquie, accorsi il dì seguente a salvarle e trasportarle in luogo sicuro " >>

   Il 19 Agosto del 2001, vi fu la visita di omaggio di un folto gruppo di tavernesi, con il sindaco ed i parroci, per celebrare il gemellaggio a Palena (Chieti)  con la comunità di Taverna (Catanzaro), nel secolare legame ideale, in nome di S. Falco Eremita, il taumaturgo, originario di quella antica cittadina della nobile famiglia dei Poerio.  La restituzione della visita di omaggio, è stata solennemente celebrata il 9 Settembre del 2001 a Taverna

SAN RINALDO

San Rinaldo

Apri pagina

   San Rinaldo, patrono di Fallascoso (Fraz. di Torricella Peligna - CH) • Il Santo è appartenuto alla comunità che aveva fondato il Monastero di Prata e fu compagno  di S. Ilarione, S. Falco, S. Nicola Greco e S. Franco. Venuto dalla Calabria, visse nel secolo X e terminò i suoi giorni in santità presso un Eremo di Fallascoso (ora fraz. di Torricella Peligna). La grotta del Santo, è ancora oggi meta di devozione dei fedeli e si trova sotto il paese alla base di una grossa rupe. 

    Così descrive del Beato Rinaldo Eremita G. Nicolino in op. cit. : << ... si dice, e verisimile che il B. Rainaldo del Fallascoso fiorisse nel tempo di San Nicola Greco e che fusse o suo fratello o compagno, o discepolo, e insomma del numero di quei 28. Monaci che insieme vennero di Calabria in Abruzzo, come anche S. Falco di Palena, S. Franco di Francavilla, dal quale pare, che la Terra abbia ricevuto il nome, e altri; le vite, e memorie particolari de i quali per l'ingiurie de i tempi si son perdute; conservasi con decetia, e divozione di questo beato in Fallascoso, picciolo Castello della Diocese Theatina, situato fra Torniella e colle delle macine,  e poco lontano da Prata, dove visse e morì, come si è detto S. Nicola e la sua virtù è chiara, e illustre, principalmente in liberare gli oppressi dal maligno spirito e viene la sua festa alli 28. di Agosto, la quale con molta solennità si Celebra da quella università. >>

  San Franco (protettore di Francavilla al Mare - CH) << ... la tradizione lo indica nato verso la metà del secolo X in Cosenza o in uno dei villaggi limitrofi, e morto in un tugurio del feudo Cerretano ora chiamato "S. Pasquale" . Il suo corpo, fu poi trasportato nella vicina Francavilla e devotamente sepolto nella chiesa parrocchiale >> . S. Franco faceva parte della Comunità  dei Monaci italo-greci di Prata, raggiunta la matura età, si separò dai suoi confratelli e intraprese la vita eremitica verso la costa adriatica e si fermò nelle vicinanze di Francavilla  al  Mare  dove  visse nella preghiera  e  nella  predicazione        evangelizzando tutte le genti del contado fino al giorno della sua morte.

      

SAN FRANCO

San Franco

Apri pagina

  Si legge ancora su "Brevi notizie sulla vita di S. Franco",  Parrocchia matrice di S. Maria Maggiore (Francavilla al Mare 2002): << Il 7 Maggio 1431, le sue ossa, raccolte in una magnifica urna d'argento, furono trasportate dalla vecchia e cadente parrocchia di S. Elena nella Chiesa di S. Maria Maggiore. Vi rimasero esposte e venerate fino ala mattina del 30 Luglio del 1566. Quando i Turchi, riversatisi su Francavilla, misero ogni cosa a sacco e fuoco, devastarono le Chiese ed arsero il Corpo del Santo nella pubblica piazza, dopo aver asportato l'urna preziosa. Dalla tradizione veniamo a sapere che delle ossa bruciate i fedeli raccolsero poche reliquie, che ora si conservano e si venerano nel busto di legno del Santo Protettore. Nel braccio d'argento invece vi è una reliquia di S. Franco Martire, delle Catacombe romane, donata dalla munificenza pontificia il 18 Agosto 1649. In onore del Patrono S. Franco Anacoreta si celebrano attualmente tre feste: il 2 Dicembre se ne solennizza la morte; il 7 Maggio la traslazione; il 18 Agosto il patrocinio. >>. 

SAN GIOVANNI STABILE

San Giovanni Stabile

Apri pagina

   San Giovanni Stabile (Fara S. Martino - CH) • S. Giovanni,  in una nota del Canonico C. Falcocchio, viene individuato come uno dei sette compagni venuti dalla Calabria : << S. Giovanni che tiene onorato sepolcro in Rocca S. Giovanni presso l'imboccatura del Sangro, in diocesi di Triventi, prendendo la terra il nome del Santo, e se ne celebra la festa ai 26 Agosto >>. Abbiamo però accertato dopo un'accurata indagine, che questa affermazione è priva di qualsiasi fondamento, né nell'Abbazia di S. Giovanni in Venere, né nel Comune di Rocca S. Giovanni, né in altre chiese limitrofe,  è  vene-

rato S. Giovanni, monaco italo-greco  vissuto nel tra il X e XI secolo. Di San Giovanni ne parla anche Don Aldo De Innocentiis nel libro "Luci e ombre" (Casoli 1994), nel capitolo IV: << C'è stato un tempo, e precisamente dal 20 Giugno 1891 e verso la fine del 1892, in cui S. Martino corse il rischio di perdere la titolarità del Monastero in Valle, a vantaggio di un certo Giovanni Stabile canonizzato per consuetudine popolare. La chiesa del Monastero cominciò a chiamarsi "San Giovanni" e, ancora oggi le persona più anziane usano dire : "andiamo a S. Giovanni" ... I faresi lavorarono alacremente di notte e Giuseppe Orsatti, proprietario della prima centrale elettrica di Fara, costruita dal padre Pietro, concesse gratuitamente la luce elettrica. Nello Stretto, ad una certa altezza, sui fianchi della montagna, si possono ancora vedere i sostegni di ferro degli isolatori e dei fili elettrici. Cosa era successo a Fara S. Martino? Dovete sapere che secondo alcuni cronisti, nel 1340, dimorarono sette frati, tutti di santa vita: S. Falco di Palena, S. Nicola Greco di Guardiagrele, S. Rinaldo di Fallascoso, S. Franco di Francavilla a Mare, S. Stefano Greco della Badia di Vallebuona a Manoppello, S. Giovanni Eremita vicino al Bosco presso Trivento e S. Giovanni Stabile sepolto nella chiesa di S. Martino, dietro l'altare dove ci sono le scale sante. In una di quelle scale doveva essere scritto il  nome del Santo: IOHANNES STABILIS.>>

   Mossi dal sentimento religioso popolare, nell'ottocento a Fara S. Martino i faresi iniziarono a scavare la valle ove era ubicato l'antico Monastero, per liberare la Chiesa  dai detriti dell'alluvione del 1819 e  dall'altra alluvione riversatasi tra il 1891 ed il 1892, per trovare il corpo di S. Giovanni Stabile. Lo scheletro fu individuato e una Commissione Diocesana, lo ripose all'interno di un'urna dentro la Chiesa di S. Martino, togliendolo alla vista dei fedeli poichè  fu presto chiusa. 

LEGGI

Leggi

   Al momento non possiamo stabilire con certezza, se quel corpo fosse realmente appartenuto a S. Giovanni Stabile, anche perchè, non abbiamo elementi certi per confermare la sua appartenenza a quella Comunità Monastica italo-greca che si era insediata nel Feudo di Prata.  

    Interessante in quest'ambito, ci pare, la leggenda di S. Martino l'Eremita nel testo di Giovanni Pansa "Miti, leggende e  superstizioni dell'Abruzzo" (Sulmona 1924), di cui riportiamo uno stralcio. 

   S. Giovanni Eremita (Rosello- CH) G. Marafioti, nell'op. cit.,  sul finire della pagina, dopo aver descritto i santi, afferma:: << ... delli nomi de gl'altri tre compagni non hò potuto infino ad hoggi havere certa notitia. >>. Molto probabilmente uno dei tre compagni potrebbe essere con verosimiglianza S. Giovani Eremita e nell'op. cit. di  V. Ciarlanti ne abbiamo una descrizione: << ... Filippo Ferrario, fa menzione di S. Giovanni parimenti Eremita, che menò i suoi giorni sul distretto della Terra di Rosello Diocese di Trivento, e nel luogo che oggi dal 

      

SAN GIOVANNI EREMITA

San Giovanni Eremita

Apri pagina

suo nome è chiamato S. Giovanni in Verde, si stima che fosse anch'egli uno de' sette compagni di questi Santi ed esser potrebbe, per istare questi luoghi tra lor vicini, e per aver tutti fatti vita solitaria. Pone il Ferrario la festa di S. Giovanni  a' 25. di Agosto, ma vorrei che in quel luogo fosse più conosciuto, e con maggior riverenza venerato.>> (F. Ferrario "Catalogo S.S. Italiae"). 

   San Giovanni Eremita, presumibilmente, faceva parte della comunità di monaci italo-greci sita in Prata ed anche lui nell'età matura volle ritirarsi ed evangelizzare le terre di Rosello piccolo paese che domina la valle del Fiume Sangro, per finire i suoi giorni  in odore di santità nell'antico Monastero di S. Giovanni in Verde, fondato su un roccioso promontorio poco distante da un tratturo. 

SANTO STEFANO DEL LUPO

S. Stefano del Lupo

Apri pagina

   Santo Stefano del Lupo (protettore di Carovilli - IS) • S. Stefano del Lupo nato a Carovilli, durante il pontificato di Papa Pasquale II (1099-1118) fu dapprima monaco benedettino in S. Liberatore a Majella (Serramonacesca - PE), il suo acceso spirito di penitenza, lo spinse a chiedere la licenza di vivere come eremita in una grotta della Majella, ma quando molti discepoli gli si misero al seguito per condurre la sua stessa vita, si vide costretto a fondare un nuovo Monastero, S. Pietro di Vallebona, presso Manoppello. Per circa quarant'anni il Monastero fu retto da priori; nel 1188 fu eretto in

Abbazia e S. Stefano ne fu il primo Abate. Morì il 19 Luglio 1191 e già nel 1208 lo troviamo designato col titolo di santo Confessore. L'11 Aprile del 1591 l'Abate Santuzio, trasportò i sacri resti del Santo, dalla chiesa di Vallebona ormai in rovina, nel monastero si S. Spirito a Majella, a cui in quel tempo era sottoposto quello di Vallebona.

     L'ultima traslazione delle reliquie si ebbe il 28 Settembre 1807, quando soppresso il Monastero di Vallebona furono portate a Carovilli (tratto da : G. Mongelli "Bibliotheca Sanctorum", Grottaferrata 1967). Il percorso lineare della vita di S. Stefano del Lupo, corredato da una ricca documentazione storica, tolgono ogni dubbio residuo per una sua eventuale appartenenza alla comunità dei monaci italo-greci del Feudo di Prata. 


Monachesimo tra oriente ed occidente, ponte ideale nei processi di unificazione Europea. (Maria Letizia Azzilonna)

   >>   

LEGGI

M. L. Azzilonna

Leggi


Seguono : 

Capitolo III - Il Castellum de Prata dal XV sec. ad oggi >>

C o n c l u s  i o n i  >>


Pubblicato il 06-11-2004


Redazione casoli.org

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore: E. Cipolla - Coautrice: M. C. Ricci - Copyright 2004-2012

HOME PAGE DI PRATA